Le epilessie dell’età adulta

Epidemiologia nelle varie età

L’epilessia rappresenta la patologia neurologica cronica più comune dopo la cefalea. La prevalenza, cioè il numero di casi presente nella popolazione in un momento definito, è di poco meno dell’ 1% (la percentuale varia nel mondo tra 0.5 e 0.8%; in Italia è stimata attorno allo 0.6%, circa 350.000 pazienti). È abbastanza uniforme nei paesi con simile sviluppo socio-economico ed è maggiore nei paesi in via di sviluppo. L’incidenza, cioè il numero di nuovi casi nella popolazione in un intervallo di tempo ben definito (generalmente un anno), varia da 40 a 70 ogni 100.000 abitanti/anno nei paesi industrializzati (in Italia attorno a 30.000 casi/anno) e da 100 a 190 ogni 100.000 abitanti/anno nei paesi in via di sviluppo. La curva di incidenza specifica per età ha una distribuzione bimodale con un picco nel primo anno di vita e, dopo una riduzione nell’età media, una ripresa nella tarda età. Se si includono le crisi isolate che possono comparire in qualunque momento nella vita, i tassi di incidenza cumulativa, che misurano la prevalenza nel corso della vita intera, mostrano valori compresi tra il 2 ed il 6%. La probabilità di avere almeno una crisi durante la vita è approssimativamente pari al 8%.

Il tasso di mortalità nei pazienti con epilessia è di 2-3 volte superiore a quello della popolazione generale. Il decesso può essere in relazione diretta con l’epilessia (tumori, patologie degenerative, ecc.) o avvenire accidentalmente nel corso di una crisi (asfissia, trauma cranico secondario, annegamento, ecc.). Negli ultimi anni molti lavori hanno focalizzato l’attenzione sull’aumento del rischio di morte improvvisa senza causa apparente in soggetti con epilessia: tale condizione, definita con l’acronimo SUDEP (Sudden Unexplained Death in Epilepsy Syndrome), è considerata responsabile del 10% dei decessi ed è verosimilmente sostenuta da meccanismi cardiogeni.

La storia naturale dell’epilessia, cioè l’andamento spontaneo della malattia nel tempo, è segnata dall’elevato rischio di ricorrenza dopo una prima crisi spontanea, prossimo all’80% entro 3 anni. La remissione spontanea dopo la ricaduta avviene in non più del 5-10% dei casi, ed è molto maggiore nell’età giovanile che nell’adulto; la remissione sotto trattamento si osserva nel 60-70% dei casi ma la ricaduta alla sospensione della terapia, anche dopo un lungo periodo di osservazione e di attenta valutazione, ha luogo nel 20-80% dei casi.

La prognosi nelle epilessie di nuova diagnosi può essere schematicamente suddivisa in alcuni principali tipi:

  • epilessie benigne: prognosi eccellente, remissione spontanea, possibilità di non prescrivere la terapia;
  • epilessie farmacosensibili: prognosi buona, remissione sotto trattamento, probabile benessere dopo la sospensione dei farmaci;
  • epilessie farmacodipendenti: prognosi più riservata, imprevedibilità di una eventuale remissione, necessità di mantenere la terapia, frequente ricaduta dopo sospensione dei farmaci;
  • epilessie farmacoresistenti: 20-30% dei casi, prognosi sfavorevole, persistenza delle crisi nonostante l’uso di politerapie, compromissione della qualità di vita;
  • epilessie catastrofiche: nessuna risposta alla terapia, crisi frequenti con caduta, concomitante compromissione neurologica, andamento peggiorativo.

Nell’adulto, epoca che per la patologia neurologica inizia indicativamente attorno ai 20 anni, quando il cervello ha concluso la sua maturazione, la epilessia può essere la prosecuzione di una epilessia infantile come avviene in due terzi dei casi, o esordire direttamente nell’età adulta. I quadri clinici sono differenti nelle due condizioni, soprattutto per quanto riguarda la eziologia e la prognosi: si possono osservare nell’adulto epilessie occasionali, ma difficilmente epilessie benigne e fortunatamente altrettanto difficilmente epilessie catastrofiche. Nella maggior parte dei casi ci si trova di fronte a epilessie farmacosensibili o farmacodipendenti; non raramente a forme farmacoresistenti.